La crisi come ribellione

La crisi come ribellione

Ribellarsi: da lat. rebellare, composto di re e bellare «far guerra»; Indurre a rifiutare obbedienza sollevarsi contro un’autorità costituita, specialmente politica o religiosa.

Quasi tutti i giorni incontro pazienti e dentro di me sempre più frequentemente faccio i conti con la sensazione forte che essi siano dei ribelli. E così mi trovo ad associare le loro crisi, la loro sofferenza i loro blocchi ad una ribellione, che poi in fondo è anche una ribellione sana:

  • ad una società che schiaccia normalizzando e appiattendo;
  • ad una educazione/impostazione familiare che delinea percorsi che sentiamo obbligati ma che in realtà non ci appartengono;
  • a noi stessi e alle pesanti pretese che abbiamo nei nostri confronti.

La paura di non essere in linea con le attese si traduce spesso in una voglia di normalità, un bisogno di seguire quelle tappe che ci hanno insegnato essere giuste per tutti, per esempio lavoro, coppia, matrimonio, figli. Tappe che purtroppo non tengono conto della soggettività e dell'unicità di ognuno. La cosa più pesante è che poi queste tappe hanno anche una scadenza debbono essere raggiunte entro certi termini, e così anche il  rispetto dei tempi personali viene meno. L'idea di essere nella norma tranquillizza e molti si adagiano in questa comoda zona di comfort.. ma se poi di fatto non ci si rientra allora sorgono i problemi. Ho molti pazienti che si sentono sbagliati e in ritardo, come se la vita fosse una corsa dove vince chi arriva primo. Questo ci porta a guardare fuori a scegliere l'altro, che diventa competitor, come metro di misura, e mai noi stessi il nostro percorso, i nostri reali desideri.

C'è una catena di conseguenze negative che partono dall'esigenza di essere normali: ansie, attacchi di panico, senso di inadeguatezza, distacco dal proprio mondo emotivo e, non ultimo, anche uno scarso senso di affiliazione collegato alla difficoltà di essere felici per gli altri.

Gli obiettivi raggiunti dagli amici ci fanno sentire mediocri e invidiosi, innescando un circolo vizioso dal quale si può e si deve uscire.

La crisi e la sofferenza sono solo un segnale da ascoltare, l'inizio della possibilità di ribellarsi a tutto questo, ascoltando se stessi e il proprio profondo sentire. Il senso è di trovare una strada che non sia quella già battuta da altri ma, piuttosto, un percorso personale che si costruisce giorno per giorno, come un nuovo sentiero di montagna che si fa passo passo, solo nostro e alla nostra velocità.

La psicoterapia è un valido aiuto perché permette di spostare lo sguardo dal fuori al dentro e come diceva Jung, quindi, di aprire gli occhi, ovvero, capire non ciò che è giusto in assoluto ma ciò che è giusto per noi.

La psicoterapia non sarà mai solo sparizione del sintomo, per me è, anche e soprattutto, "educazione" alla libertà.


Dr.ssa Francesca Pannone
Psicologa e Psicoterapeuta a Latina


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