Perché i desideri fanno paura??

Perché i desideri fanno paura??

“Non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada. Io non è che volevo essere felice, questo no.  Volevo … salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.

Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. È lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non puoi nemmeno immaginare.“ —  Alessandro Baricco,  Oceano mare.

Questa frase mi è sempre arrivata alla pancia come una pugnalata. Descrive perfettamente l’intensità delle sensazioni di chi si trova inesorabilmente, ad un certo punto della vita, di fronte a se stesso e ai suoi desideri. Troppo spesso nella vita siamo cresciuti con l’idea di doverci allineare, di compiacere i genitori, di fare il “bravo bambino”.

Quanti di voi associano il dire no all’essere una persona cattiva? Io credo in moltissimi.

È la paura di entrare in conflitto, di creare dissenso, terrore, oserei dire, di non esistere senza l’approvazione altrui, oppure di essere rifiutati. Ci creiamo un’immagine di noi “buoni, onesti, giusti” che crediamo ci possa salvare e che ci permetta di non essere mai soli.

Ovviamente il problema non è dire sì, ma il non poter mai dire no.

Il problema non è essere disponibili, ma il dover esserlo sempre a discapito di noi stessi.

Ogni volta che sento dire “è perché sono troppo buono …” , le mie antennine da psicologo si addrizzano. Spesso dietro ad un’affermazione del genere si nasconde una bella difesa. Mi piace dire ai miei pazienti che, probabilmente, in questi casi è utile rivedere il proprio vocabolario emotivo e dare un nuovo significato alle cose.

Se buono coincide con ‘‘sempre onesto, sempre disponibile, sempre generoso, sempre pronto, sempre disposto al sacrificio’’, ci troviamo di fronte a un dover essere che non lascia spazio all’essere, all’ascolto di noi stessi, a ciò che di volta in volta pensiamo, percepiamo, ci sentiamo di fare in base al momento, alla persona che abbiamo di fronte e soprattutto a seconda di come stiamo noi, lì, quel dato giorno.

Il termine buono viene assolutizzato, al punto che non essere ‘‘sempre onesto, sempre disponibile, sempre generoso, sempre pronto, sempre disposto al sacrificio’’ diventa il suo estremo opposto ovvero, essere cattivo.

È qui che si ingarbuglia la vita, è qui che ti accorgi che non puoi desiderare qualcosa senza farti male. È difficile rinunciare alla sicurezza di essere considerati buoni e quindi amabili.

Quello che propongo io non è di sostituire il “sempre sì” con il “sempre no” ma di sostituire la parola buono con la parola vero.

Vero non significa sincero, ma più profondamente autentico, nel senso di in linea con se stesso, in ascolto attento e rispettoso di ciò che si prova, delle emozioni e dei desideri che ci rendono unici e che soli ci possono guidare nel difficile compito di camminare sulle nostre gambe, senza delegare a ideali, educazione, normalità la possibilità di essere noi stessi.


Dr.ssa Francesca Pannone
Psicologa e Psicoterapeuta a Latina


P.I. 02475920597
© 2021. «powered by Psicologi Italia». È severamente vietata la riproduzione, anche parziale, delle pagine e dei contenuti di questo sito.
www.psicologi-italia.it